Il Cappellone del Santo
La soppressione delle corporazioni e degli ordini religiosi del Regno di Napoli avvenne in particolare a partire dall’approvazione della legge del 13 febbraio 1807 e prese di mira gli ordini di san Benedetto e san Bernardo con le loro affiliazioni. Successivamente furono emanati altri decreti che colpirono gli ordini mendicanti, giungendo infine al decreto del 7 agosto 1809 che ordinò la soppressione di tutti i maggiori ordini possessori di beni (Domenicani, Carmelitani, Francescani, Agostiniani, Teatini, ecc.). Tale soppressione era finalizzata all’acquisizione dei cospicui patrimoni degli ordini religiosi per far fronte ai bisogni finanziari dello Stato. La maggior parte dei monaci fu incoraggiata a lasciare la vita religiosa, il relativo abito e a secolarizzarsi, ma alcuni, decisi a continuare la vita monastica, furono iscritti al clero della chiesa nativa, passando sotto la giurisdizione del Vescovo e dedicandosi alle attività parrocchiali. Numerosi furono, durante il regno di Giuseppe Bonaparte, i religiosi che occultarono i beni dei loro monasteri oppure procedettero abusivamente alla loro vendita, e non mancarono tentativi di alienazione di immobili rustici ed urbani. Fu in questo clima di confusione che Michele Arcangelo Lupoli, allora vescovo di Montepeloso, decise di curare istituzionalmente la traslazione delle sacre reliquie di san Sossio e san Severino dal monastero di Napoli a Frattamaggiore, ai tempi del parroco Gennaro Biancardo (1794-1808). Le sacre reliquie furono deposte in una basilichetta appositamente costruita all’interno dell’antica cappella gentilizia dei Padricelli (questo spazio è da identificare, probabilmente, con l’attuale ingresso del Museo Sansossiano) posta nella navata sinistra della Basilica. Furono collocate per l’occasione due lapidi con le iscrizioni: «SOSJ. MARTYRIS. AC. SEVRRINI NORICOR. APOSTOLI/ CORPORA. EXPECTATISSIMA/ IOSEPHO. BIANCARDI. FACTI. DUCE./ AB. HYPOGAEO. NEAPOLITANI. TEMPLI/ IISDEM. SANCTIS. DEDICATI./ POTESTATE. AB. REGE. FACTA./ PRID. KAL. JUN. A. MDCCCVII/ FRACTAM. ILLATA./ SUB. HUJUS. SACELLI. ARA. CONDUNTUR./ AERE. PUBLICO e HONORI/ SANCTORUM SOSII MARTYRIS/ ET SEVERINI NORIC. APOST./ ARCH. LUPOLI/ PELUSIANORUM PONTIFEX/ ARAM CONSECRAVIT/ AN. MDCCCVII. DIE XVIII. OCTOBRIS». Quest’ultima iscrizione fu posta in occasione della consacrazione dell’altare da parte dello stesso arcivescovo Michele Arcangelo Lupoli. Successivamente, nel 1873, quando era parroco Zaccaria del Prete (1867 – 1886), fu costruita una nuova cappella in stile barocco, eretta su progetto dell’ingegnere Filippo Botta. Nella cappella fu inserita un’ulteriore lapide con l’iscrizione: «D.O.M./ IN ONORE DI S. SOSIO DIACONO E MARTIRE/ QUESTA CAPPELLA/ AL SUO PATRONO E CONCITTADINO/ PER TESTIMONIANZA DI MOLTA FEDE ED AVITA PIETÀ/ IL POPOLO DI FRATTAMAGGIORE/ ERIGEVA A PROPRIE SPESE/ CON DISEGNI DELL’ING. FILIPPO
BOTTA/ CON DIPINTI IN TELA DEL COMM. FEDERICO MALDARELLI/ NELL’ANNO 1873/ I SACRI CORPI DEI SS. SOSIO E SEVERINO/ TOLTI DAL VETUSTO E SQUALLIDO SARCOFAGO/ PER CURA DI SOSIO PEZONE E RAFFAELE MICALETTI/ AMMINISTRATORI DELLE RACCOLTE ELEMOSINE/ QUI SPLENDIDAMENTE VENIVANO COLLOCATI». Durante i lavori di restauro del 1891-1894, quando era parroco Arcangelo Lupoli (1887-1905), per opera dei confratelli della congrega di San Sossio, si decise di ampliare il Cappellone sfruttando gli spazi ricavati tra la chiesa di san Sossio e la chiesa di Santa Maria delle Grazie, edificio religioso posto alle spalle della Basilica, ispirandosi alla cappella di San Gennaro nella Cattedrale di Napoli. La nuova cappella di San Sossio fu progettata, infatti, dall’ingegnere Vincenzo Russo, mentre i lavori furono eseguiti sotto la direzione dell’architetto Federico Travaglini. L’ingresso è decorato con fiori di persico incastonati in cornici di marmo mentre l’interno è caratterizzato da un basamento di lumachella con cornici bianche su cui s’innestano i pilasti di breccia di Francia, decorati in sommità da capitelli dorati. La cappella è infine, sormontata da una cupola con lanternino. L’altare è del XIX secolo ma probabilmente anteriore alla costruzione della cappella, adornato con marmi policromi e arricchito da lapislazzuli e madreperle. Sulle pareti laterali sono collocati due dipinti di Francesco Saverio Altamura (1826-1897), entrambi firmati e datati al 1895, la cui iconografia è dedicata a san Sossio e san Severino. Il
dipinto sulla parete sinistra, infatti, raffigura l’Incontro di san Sossio e san Gennaro mentre sulla parete destra è collocato il dipinto raffigurante San Severino sulle rive del Danubio mentre riceve le reliquie di san Giovanni Battista. Sull’altare maggiore è ubicato il quadro del Maldarelli raffigurante La sepoltura di san Sossio martire che, a differenza degli altri due dipinti, fu commissionato in occasione del primo allestimento del Cappellone. Datato al 1879, è ambientato all’interno di una catacomba cristiana, dove è visibile il loculo in cui è adagiato il corpo senza vita del santo diacono, disteso su un sudario di lino bianco, di chiaro gusto neo-pompeiano. La cupola, sormontata da un lanternino, è decorata da affreschi eseguiti dal pittore salernitano Gaetano D’Agostino tra il 1892-1894. Particolarmente interessante risulta essere la decorazione della lunetta frontale con la Visione di san Sossio, in cui la veduta «propone, con la rinnovata facciata della Chiesa che si andava ristrutturando in quegli anni, la cortina delle case che l’affianca, tra le quali la presunta casa del musicista Francesco Durante, così come si presenta tutt’ora». Sulle restanti vele della cupola, la decorazione è arricchita da figure di Angeli con cartigli inneggianti alla gloria di san Sossio e con i simboli della Passione. Di fattura e qualità diversa sembrano invece le due Virtù raffigurate sulla parete opposta all’ingresso del Cappellone, subito al di sotto dell’arcata. I colori, le pose e la raffigurazione dei volti denotano lo stile di un artista differente da Gaetano D’Agostino. Non meno importanti sono gli stucchi del Raiano, visibili nella cappella, e le dorature realizzate dal D’Accurso di Frattamaggiore e dal De Luca di Napoli, come testimonia la decorazione interna del lanternino con la colomba dello Spirito Santo affiancata da teste di cherubini. Sulle urne in cui sono custoditi i corpi di san Sossio e san Severino vi sono due sculture lignee ovvero il busto di San Sossio, opera di Gregor Vincenzo Mussner in legno scolpito e dipinto e dorato, del 1985, mentre sul lato destro, in cartapesta modellata e dipinta vi è il busto di San Severino, realizzato sul finire del XIX secolo. In prossimità dell’ingresso del Cappellone vi sono sei lampade pensili in argento sbalzato, cesellato e traforato, in cui sono ancora leggibili, in diverse parti, i marchi dell’Arte riconducibili al Settecento e l’Ottocento. La più grande è posta al centro, su cui è possibile leggere l’iscrizione: «D. SOSIO M. PRAESENTIBUS PATRONO FRACTENSES EX CHOLERA SERVATI A. MDCCCLXXXIV». Le lampade non sono state ancora oggetto di uno studio approfondito. A chiusura del Cappellone vi è il cancello di ottone, lavoro dell’Istituto Casanova di Napoli. Il cancello, sullo stile della porta in ottone del tesoro di san Gennaro, si presenta caratterizzato da elementi decorativi che arricchiscono sia le ante centrali sia le specchiature laterali, sormontato da un arco a tutto sesto sottostante la grande arcata muraria nella cui parte centrale sporge il rilievo di san Sossio che si raccorda all’architrave sagomato, adibito a ideale basamento al busto. La fitta decorazione, prevalentemente eseguita a cera perduta, trova riposo nella parte centrale, realizzata con balaustri torniti, al fine di consentire una migliore visibilità tra la navata della Basilica e l’interno del Cappellone. Il cancello di ottone è stato attribuito dagli studiosi locali all’argentiere Vincenzo Catello (1858-1950).