Traslazione dei Santi

Traslazione dei Santi

La processione commemorativa della traslazione dei corpi dei santi Sossio e Severino.

Domenica 31 maggio, Frattamaggiore ha celebrato, con una solenne processione, il 191º anniversario della traslazione, dall’omonima chiesa napoletana, in città dei santi Sossio e Severino, avvenuta, com’è noto, il 31 maggio 1807. Fu don Giuseppe Biancardi, allora sindaco di Frattamaggiore, il quale nutriva una profonda devozione per il santo Patrono, a muovere i primi passi per ottenere le salme dei due santi, quando con decreto del 26 febbraio dello stesso anno il sovrano aveva acconsentito alle richieste dei vescovi di distribuire, a chi ne faceva domanda, le reliquie e gli arredi sacri posseduti dai monasteri soppressi. Facendo seguito a una missiva ufficiale sottoscritta da don Gennaro Biancardi, parroco dell’epoca, e sostenuta negli ambienti governativi da monsignor Arcangelo Lupoli, vescovo di Montepeloso, il 29 maggio la Direzione dei Regi Demani incaricata di vagliare le domande, faceva comunicazione dell’avvenuta concessione. Il giorno seguente un comitato, costituito oltre che dal sindaco e dal procuratore del parroco don Silvestro Lupoli, dai due eletti, Gaetano Lupoli, fratello del vescovo, e Alessandro Muti, raggiunse la casa di monsignor Lupoli a Napoli e da qui si recò immediatamente alla chiesa dei Santi Severino e Sossio per dare corso alle ricerche, Divelti i marmi dell’altare della basilica inferiore, che la tradizione e un’epigrafe indicavano come il luogo in cui si custodivano i corpi dei due santi, fu dapprima ritrovata la cassa lignea in cui si custodivano i resti di san Severino (unitamente ad un’urna di bronzo che ne conteneva il cuore) e, solo dopo diverse ore, l’urna marmorea che conteneva le spoglie mortali di san Sossio. La salma di san Severino si presentò, secondo le osservazioni del professore Angelo Boccanera dell’università di Napoli – espressamente chiamato per la ricognizione anatomica – priva di due costole e con il capo intero. Mentre, insieme alle ossa di san Sossio, furono trovati anche alcuni frammenti del distrutto mosaico riproducente l’immagine Decreto della Direzione dei Regi Demani con il quale si concedeva il corpo di san Sossio ai frattesi del santo, già collocato sulla sua tomba di Miseno, così come testimoniato, all’epoca della prima traslazione da Miseno a Napoli, da Giovanni Diacono che li aveva anche materialmente riposti nell’urna contenente le sacre reliquie. Era quasi sera quando entrambi i corpi furono rinchiusi in nuove casse di legno, opportunamente sigillate dal Lupoli, e nella stessa serata trasportati con due carri nell’abitazione dello stesso, sita al civico 6 di via Arena alla Sanità. Qui le due salme furono vegliate da alcuni sacerdoti frattesi convenuti dopo che la notizia del ritrovamento era pervenuta a Frattamaggiore, per tramite di un cordone di cittadini frattesi disposti, a trenta passi l’uno dall’altro, lungo la strada che da Napoli portava in paese. Il mattino seguente, di buona ora, le casse riposte nelle carrozze, in ciascuna delle quali presero posto quattro sacerdoti, raggiunsero attraverso via Foria, Capodichino e la Strada regia per Caserta, prima Cardito e poi Frattamaggiore. E qui lasciamo che a raccontarci gli avvenimenti che seguirono sia don Carmine Pezzullo, rettore nella seconda metà del secolo scorso del santuario dell’Immacolata e autore, tra l’altro, nel 1888, di un libro di memorie sulla figura di an Sossio. Un racconto, presumibilmente abbastanza veritiero di come si svolse il trasporto da Cardito a Fratta, giacché, com’egli stesso avverte in una nota del libro, lo aveva «inteso sovente dalla bocca dei vecchi, che allora, giovanetti, presero parte al sacro convoglio». Narra dunque il Pezzullo che giunte a Cardito «le urne posate nella chiesa parrocchiale, furono fermate su una specie di barella coperta di damaschi trapunti e gallonati in oro. All’arrivo del sindaco, dei signori e della popolazione frattese, il clero ed i parroci dei dintorni, colà convenuti da un pezzo con ceri e torce e nei loro paramenti da chiesa, disposti in bella e devota processione, mossero per Fratta. Lungo la strada, la moltitudine, strappando lunghi e frondosi rami dagli alberi riuscì a dare all’ingresso di queste reliquie in Fratta una viva immagine dell’ingresso del Nazareno in Gerusalemme. L’arrivo in città, tra il suono delle campane, il canto degli inni, le grida di benedizioni, ed il getto di fiori che si faceva dai balconi, dalle porte e dai tetti, fu una dimostrazione d’affetto, quale a memoria d’uomo non se ne ricorda la simile tra noi. E da queste poca data tra noi l’Ufficio la Messa, la festa e la processione della traslazione del nostro Concittadino e Protettore S. Sossio ogni XXXI maggio di ciascun anno». Franco Pezzella