Francesco Saverio Altamura
Francesco Saverio Altamura
L’Incontro di san Sossio e san Gennaro e San Severino sulle rive del Danubio mentre riceve le reliquie di san Giovanni Battista (dipinti su tela)
Sulle pareti laterali del cappellone di san Sossio sono collocati due dipinti di Francesco Saverio Altamura (1826-1897), entrambi firmati e datati al 1895, la cui iconografia è dedicata a san Sossio e san Severino. Il dipinto sulla parete sinistra, infatti, raffigura l’Incontro di san Sossio e san Gennaro mentre sulla parete destra è collocato il dipinto raffigurante San Severino sulle rive del Danubio mentre riceve le reliquie di san Giovanni Battista. Il pittore, formatosi alla scuola di Domenico Morelli, uno dei più grandi artisti del XIX secolo, pur accogliendo le nuove tendenze dei Macchiaioli, non abbandonò mai la passione per la rappresentazione dei soggetti storici. Le due opere mostrano forti analogie stilistiche con i dipinti raffiguranti le Nozze di Buondelmonte e I funerali di Buondelmonte, del 1861, e conservati presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma. Nel dipinto raffigurante l’Incontro tra san Sossio e san Gennaro la scena è ambientata all’interno di un edificio religioso, di cui è possibile scorgere i pilastri e le coperture con volte a crociere, mentre alle spalle di san Sossio è visibile una balaustrata di marmi policromi. Desta emozione, invece, la scelta della luce divina che illumina il capo del diacono evidenziandone la fiamma dello Spirito Santo e la commozione del vescovo Gennaro, raffigurato con piviale in seta bianca ricamata con fili dorati, mitria e pastorale. Interessante, inoltre, la soluzione della donna seduta sulla destra la cui iconografia è ripresa anche nella Madonna dei fiori del 1887 e conservata nel Museo Civico di Foggia, e la Madonna con Gesù adolescente del 1887 di una collezione privata. Invece, nel dipinto posto sulla parete opposta, dedicato a san Severino, «l’artista rappresenta il Santo in età avanzata, con viso incorniciato da una fluente barba bianca, mentre sulle rive del Danubio, vestito con l’abito nero che fu poi dei benedettini, riceve in ginocchio dalle mani di un misterioso pellegrino riconoscibile come tale per via del rocchettino, il copricapo a larghe falde generalmente utilizzato dai romei nei loro pellegrinaggi unitamente al bastone e alla borraccia ricavata da una zucca – un cofanetto contenente le reliquie di san Giovanni Battista. Alla scena, che si svolge in un paesaggio grigio dominato sullo sfondo dall’imponente monastero di Favianis, dove san Severino visse l’ultima parte della sua vita e dove morì, presenziano un altro pellegrino e i due barcaioli che avevano accompagnato il Santo nella traversata fluviale. Il soggetto della tela è tratto dalla Vita dell’abate Eugippio Africano, che fu discepolo del santo e testimone oculare di molti degli episodi che lui stesso ci ha tramandato».